U pottamanciari

Uno dei tanti disturbi da cui sono affetta è la fissazione per i contenitori per il cibo a chiusura ermetica (o ermeneutica?), insomma per i “pottamanciari”. Tale tara genetica l’ho abilmente ereditata dalla mia nonna materna che ne possedeva di tutti i colori e di tutte le dimensioni. Lei, con i suoi pottamanciari, avrebbe potuto sfamare il mondo. Più sono colorati, più io mi intrippo malamente.
Nella mia cucina uno spazio sacro è dedicato ad essi.
Io farei follie per un pottamanciari.
Io potrei parlare ore e ore di pottamanciari.
È l’unico oggetto di cui, se lo presto, ne pretendo perentoria restituzione e, se mi prestano, non restituisco ottenendone la proprietà grazie allo strumento dell’usucapione.
Oggi, ahimè, mi è accaduto un fatto sconvolgente. Per liberarmi degli effetti devastanti dell’evento di cui sopra, provo a raccontarvelo. Mentre camminavo lungo le strade del mio paesello mi accorgo che davanti a me a un giovane uomo sta per scivolare un pottamanciari dal suo zaino aperto.
– Scusami, ti sta cadendo dallo zaino il porta pranzo.
– Grazie, ma tranquilla, il pranzo l’ho già consumato.
– Ma stavi rischiando di perdere un oggetto di pregevole manifattura. Fai attenzione, chiudi la cerniera.
– (Ride e mi guarda stupefatto) Ma non è di pregevole manifattura, ed è anche vecchio. Non fa nulla se lo perdo.
Seppur sbigottita dalla sua risposta, lo benedico e lo saluto raccomandandogli di avere cura di quel pottamanciari.
Io a sto tizio toglierei di gran cussa la patria potestà sui pottamanciari. Inutile sottolineare che l’ho seguito per altri svariati chilometri.
E adesso io ho un nuovo ospite nello spazio sacro della mia cucina…

Giusi Lo Bianco

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